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mercoledì 3 settembre 2014

Musafir , L'arca di Noè esiste!

Si Esiste, e anche Noè e forse è anche più o meno come ve lo immaginavate.. Ma non si chiama Noe.. hanno sbagliato,

 si chiama Paolo ! E eccolo qua



Ma facciamo un passo indietro. Era il 23 gennaio 2013, più o meno il giorno 65 da quando aveva aperto i battenti la mia Mozzarelleria delle immagini...



Ho appena finito il mio lavoro con il WWF nelle isole piú sperdute dell'arcipelago di Lamu, a uno sputo di acqua salata dalla fervente Somalia. Su Facebook é tutto bello, foto di luoghi inimmaginabili. Ma in realtá sono appena uscito da una grave infezione intestinale che mi ha fatto sboccare l'anima per 5 giorni nelle piú cristalline acque dell' oceano indiano.
Avrei potuto tornare a kilifi, da mia sorella, ma sono in pulman diretto da quei ragazzi conosciuti qualche settimana prima.
Vengo scaricato nella via principale di un paesone, mi dicono che da li per Kipini devo proseguire per le campagne in moto.  Inizia il consueto assalto dei ragazzi col piki piki (le motorette 125 taxi). Uno mi fa
"sei Emanuele ?"
io "si ?"
"ti stavo aspettando!"

Iniziano 30 minuti bellissimi di safari in moto.
Peccato che il ragazzo guidi come un pazzo totale facendo il pelo a qualunque cosa veda e facendomi assaporare sistematicamente la durezza di ogni ramo spinoso che incontriamo sul sentiero.
Arriviamo in una zona aperta come savana, mi racconta che li ci sono anche i leoni , che un contadino ha litigato con un leone e é finito sbranato le settimane scorse. "dai ? bello.."

Iniziano a vedersi case sparse, e poi sempre più e si arriva in una grande via con case anche di mattoni grigi e tetti in lamiera, é Kipini. Scopriró poi che é una cittá totalmente islamica, dove é praticamente impossibile trovare alcolici e non arriva corrente elettrica.

Giriamo a destra e procediamo verso il mare. Giriamo ancora a destra dietro a dei cespugli e, eccola,

Musafir.

 




Mi accolgono Paolo (Noé) uno dei fondatori del progetto, e un giovane ragazzo rasta biondo tedesco, Aron.
Mi presentano il resto della ciurma attualmente presente al cantiere.



Juhani, un Finlandese genio dell'informatica, che a sua volta mi presenta Kilifi, un'erba dalle capacitá curative pazzesche, ma altrettanto amara









Theòdor, un giovane ragazzo Lithuano che è li per fare la tesi su questo progetto












C'é Cio che é venuta a dare un tocco femminile al Team











E ultimo ma non meno importante Mzé, il saggio guardiamo del cantiere, (qui in foto con una delle nipoti). Mzé come Paolo c'é praticamente dall'inizio, 3 anni fa, ma a differenza di chiunque altro lui é l'unico che non si é mai allontanato. Per questo c'è una targa all'ingresso, il cantiere si chiama "Casa di Mzé"










É ormai sera e pensiamo a organizzarmi un giaciglio. Le poche luci sono alimentate da un pannello solare che alimenta una batteria grande, ma non certo infinita. Cosí per gli affari propri ognuno si arrangia con una torcia frontale dopo il tramonto ed é con queste che organizziamo la mia fantastica "stanza"



Il secondo giorno mi sveglio presto e vedo che sono arrivati anche gli operai.
Vengono qui presto, fanno colazione qui. Il capo operazioni libera e da da mangiare alle galline e ai pulcini ( per arrotondare ha aperto nel cantiere un allevamento) e via si inizia a limare e grattare.


Cosí.. entro nella vita quotidiana del cantiere di Kipini. Qui sono giorni importanti, dopo 3 anni di lavoro, se saró fortunato proprio in questi giorni, durante la mia presenza, sará finito lo scafo !
Finire lo scafo é sicuramente un passo storico, ma solo la fine di una piccola parte. Lo scafo andrá poi "grattato" per settimane, trattato e verniciato. Messo a mare in un giorno di luna nera, in cui la marea é alta. Infine si dovrà aspettare mesi per il nuovo periodo di bel tempo e una calma nottata di luna piena per trainare lo scafo per mezza costa Kenyana, fino a Kilifi dove verrano continuati i lavori per la costruzione degli interni e, quando si avrà, montare la strumentazione di bordo.

La nave non la stanno certo costruendo per stare ferma, e neanche per fare piccoli tratti, la strumentazione serve. Quando un giorno sará finita il piano é di andare prima fino al Madagascar e poi fare una lunga traversata fino all'India, possibilmente senza imitare Colombo...
E poi tutta la costa asiatica, Insegnando tecniche di permacultura e creazioni di nuovi pozzi più efficaci, tutto con l' obbiettivo di migliorare l'agricoltura nei paesi che ne hanno bisogno.

Ma torniamo a me.
Per raggiungere il primo obbiettivo, finire lo scafo, serve legna! E nella notte sembra arrivato clandestinamente dal fiume un ottimo carico.

Il cantiere si trova proprio vicino a dove il fiume sfocia nell' Oceano Indiano. Cosí i venditori di assi per evitare controlli e mazzette portano la legna a Kipini via barca dal fiume. Noi oggi andiamo a scegliere una ad una le assi migliori.

Ci aspetta per la traversata un piccolo amico. Non sembra per nulla entusiasta di correre il rischio di finire in acqua. L'acqua sembra in effetti abbastanza inospitale e scoprirò piú avanti sulla mia pelle che ne ha ben donde di non esserlo.











 Arriviamo dall'altra parte del fiume in un "magazzino" nascosto nella boscaglia, iniziamo la selezione.  Ci sono tavole di diverse misure, condizioni e colori. Noi cerchiamo quelle rosse, legno più pregiato e duraturo. In particolare le più lunghe, piatte e soprattutto senza crepe.



Ci si sposta in una capanna di rami affianco al magazzino per fare la contrattazione. Veniamo accolti da un serpente verde brillante che danza sul tetto di foglie. Capiamo che é velenoso dal fatto che sono più terrorizzati loro di noi. Si accelerano i patteggiamenti, alla fine si fa un forfait e le prendiamo tutte, comprese quelle chiara tozze e crepate.






Si torna al cantiere.
Oggi arrivano altri due ospiti: Il papá di Teò, Livijus, direttamente dalla Lithuania. È un omone enorme che ha fatto la sua fortuna nella gestione di svariati ostelli nel nord-est europeo. É lavorando in uno di quegli ostelli che Paolo tanti anni fa l'ha conosciuto.
In piú arriva Mila, la sorella di Clio. Eccoli qua



Senza accorgercene è giá il tramonto e come sempre in Kenya il sole quando inizia la discesa schizza giú enorme in picchiata, come se pesasse di più rispetto a quello che si vede in Italia.


Esco ad ammirare quella enorme palla infuocata che scende.
Niente fili della luce a rovinare il panorama. Niente aerei sopra la testa. Niente traffico impazzito alla ricerca di casa. Niente rumori della cittá.

Poco dopo in effetti qualche rumore strano, sovrumano direi, inizio a sentirlo.. il sole é ormai sceso e mi presentano i vicini di casa.. i ragazzi mi dicono che sono fortunato. Erano settimane che non venivano cosí tanto vicini



Il mattino dopo il risveglio é dolce.
Una delle cose che adoro di Kipini é la colazione. Quando sono a Milano la salto, qui mi strafogo.

Ogni mattino un vassoio infinito, pieno zeppo di tutte le delizie possibili prodotte li. Con una tazza di the caldo buonissimo con latte e un po' di zenzero.

Li a tutti i pasti di mangiava cosí, tradizionale kenyano. In cerchio intorno al vassoio del cibo. Senza posate.
Con la destra si mangia.
Con la sinistra ci si pulisce in culo. Regola n.1.




Partiamo per una escursione. Procediamo per un po' lungo la costa poi ci inoltriamo nella foresta. A un certo punto passiamo in un'area di palme carbonizzate, atmosfera surreale. Mi raccontano che alla sera arrivano bisonti e elefanti, ed è meglio non fare tardi per non incrociarli. Poco dopo troviamo l'impronta di un bisonte. Inizio a pensate a dove scappare ad arrampicarmi.

Andando avanti la jungla diventa bellissima. Folta. Mi raccontano che stiamo andando a cercare delle costruzioni antichissime e che c'é anche una sorprese.

Iniziamo a vedere alcuni muri di pietra nel nulla che han decorazioni funebri e poco dopo incontriamo un buco. Guardando giù, incredibile, si vedeva una stanza scavata nella pietra con anche una specie di letto. Andando ancora avanti scopro la sorpresa. Un albero pazzesco enorme con piú diramazioni.

Non resistiamo all'attrazione di arrampicarci !

Ma la sorpresa non é finita, li dietro si scorge qualcos'altro. Ci sono i ruderi di un vero e proprio castello di una civiltá africana antichissima. Cose da non credersi. Quella è un'area ancora praticamente sconosciuta al turismo, inizia a essere percorsa solo per safari d'elite, fuori dai soliti parchi più famosi e tracciati. Ma di certo non esiste ancora un percorso culturale, archeologico. Siamo tra i primi dei tempi del turismo moderno a poter ammirare questi resti. Ci sentiamo un po' tutti dei piccoli Indiana Jones, pronti a veder sbucare i selvaggi per legarci e metterci allo spiedo e difendere la loro antica storia dai nostri resort.








Tornati alla base quasi al tramonto io e Mila capeggiati da Aron, il rasta tedesco biondo, abbiamo un'idea brillantissima: fare Hoppy-watching.

Partiamo in mezzo alla melma muniti di reflex e potenti teleobbiettivi.
Presto ci troviamo a dover decidere se camminare più vicino alla riva dove c'erano pericolosi sprofondamenti o più all'interno tra le pungenti radici delle mangrovie. Proviamo a stare più vicino alla riva ma si scende molto e mi trovo a sacrificare una mano nel fango per non cadere. A quel punto non  potevo piú schiacciare il pulsante del otturatore senza inzozzare la reflex di fango.
Cerchiamo di andare più in mezzo alle mangrovie seguendo i versi sempre più forti degli ippopotami. A un centro punto cede anche li il terreno che mi sfascio l'unghia di un pollice del piede contro la punta di una radice.
Il dolore viene attutito dal fatto che sono completamente immerso nella melma e continuo il mio cammino. A un certo punto li vediamo, cerchiamo di avvicinarci tornando vicino alla riva per ammirarli meglio.

Solo a quel punto il giovane tedesco mi mette in pari sul fatto che gli ippopotami se si incazzano possono nuotare e correre velocissimi, dando quasi la paga ai delfini e fanno balzi su e giù dall'acqua di metri. In pratica eravamo li a 20 metri da loro che ci guardavano infastiditi. Eravamo impiastricciati praticamente nelle sabbie mobili. Eravamo fottuti.





Torno a fatica al cantiere senza una foto migliore rispetto al giorno prima, senza un'unghia e assaporando l'amaro sapore della sconfitta.
Ma quella grossa capanna con sotto un'arca enorme che mi faceva da letto profumava ora di casa.






Mi sveglio al mattino dopo felice.


É una bella mattina come le precedenti. Aron sta lavorando la pelle di una enorme lucertolona che era finita male dopo aver cercato di mangiare le galline del capo cantiere.
Era il penultimo giorno li per Livijus, papá Teodor,  e voleva fare qualcos'altro di memorabile. Aveva cosí organizzato con un pescatore un safari sul fiume fino a un villaggio sperduto.
Come dire di no.


Io mi metto strategicamente infondo alla barca con il capitano.  Arrivavano meno schizzi e potevo dargli le direttive per quando c'era qualche foto interessante. Il mio obiettivo n.1 erano i coccodrilli.
Inizio a vederne di tutti i colori.. Altri ippopotami, pappagali, uccelli di ogni foggia, scimmie di ogni colore.. persino aquile reali , li a 3metri sopra l'oceano!!!


ma niente coccodrilli.

Arriviamo al villaggio. E' ovviamente anch'esso sprovvisto di corrente ma ci sono dei pozzi modernissimi, tetti anche in lamiera e anche loro sono sorprendentemente attrezzati con pannelli solari.

Andiamo al "bar", una piccola tettoia di rami con sotto un'asse in legno.
Ci offrono thè e banane.
E parte una accesa e costruttiva discussione socio-commerciale, con al centro del discorso.. i manghi.


Il protagonista del discorso asserisce che nella loro area producono i manghi piú buoni, dei piccoli apple mango. Ma i protagonisti del mercato kenyano e delle esportazioni sono altri tipi di manghi piú grossi e meno pregiati. Viene fuori che le variati di mango sono addirittura 21. Theodor il ragazzo lithuano insinua di essere un esperto di manghi e che sta stillando una classifica.
E' cosí indispensabile che lui assaggi anche questo tipo.
Si impegnano a trovarne qualche esemplare e portacelo al tavolo. Finisce che ne compriamo un cesto e anche il capitano della barca fa una scorta, non sa neanche dove metterli.

Al ritorno l'acqua del fiume é mossa e mi concentro più sullo stare a bordo. Rivediamo all'inverso tutti gli animali dell'andata.
Ma a un certo punto rallenta e dito teso. Seguo il dito e





Mi sveglio.
Per me é il giorno della partenza. Mi sono organizzato con il piki piki pazzo che mi deve riportare al paese dove prendere il pulman per Kilifi.
Do l'ultimo saluto al bagno.



Provo a chiamare il piki piki ma non sembra arrivare. Arriva con 20 minuti di ritardo. Penso, vebbé, per fortuna va come un pazzo. Arriva in paese e si mettere a fare benzina "maccome non l'hai fatto prima ? ""no.. Mi anticipi il pagamento che son senza soldi ? ".

Si ferma un'altra volta. Per comprare le cicche... da masticare..

Poi si parte all'impazzata. In 25 minuti siamo al paese prima.
Il pulman é passato, e andato. 5 minuti prima.

Il bigliettaio chiama l'autista con noi che facciamo gli incazzati.. che è passato in anticipo.. e io avevo una prenotazioni per il posto n.1 e dovevano almeno provare ad aspettarmi.
Si ipotizza per 15min l 'idea che ci aspettino con me e il piki piki che ci gettiamo all'inseguimento.
Ma alla fine niente. Pulman perso. Torno al cantiere, con la promessa che per lo meno il mio biglietto del bus valeva per il giorno dopo.


Avevo salutato tutti con abbracci e mi vedono ripiombare imbarazzato li.. Mi avrebbero dovuto sopportare per altre 24ore.

Ma sembravano felici, il giorno dopo sarebbero partiti anche padre e figlio Lituani e anche Paolo e Clio dovevano spostarsi per cercare attrezzatura, cosí sarebbe stata una partenza di gruppo, meno emotiva e piú naturale.
Ma presto ci si concentra sul vero momento speciale! Quasi dimenticavo la chiusura dello scafo e sta volta c'eravamo davvero. Dopo 3 anni di lavoro, 3 progetti su come costruirla, 3 team di lavoro, 1 pollaio, decine di ragazzi alternatisi nel supporto alla realizzazione, eravamo proprio quel giorno alla poso dell'ultima asse dello scafo !!

Pensare che mi ero messo in testa di partire proprio quella mattina.. Proprio poche ore prima di questo momento storico. 10 minuti dopo il mio ritorno forzato vedevo l'idea della appena scampata partenza come opzione assurda anche solo da considerare. Alle sara avremmo festeggiato alla grande mangiando anche carne!







Gli artigiani stanno lavorando certosinamente sulla forma dell'ultima "legno", cosí per uccidere l'
attesa decidiamo di andare a fare un giro in centro a Kilipi.

Prima tappa indiscutibile, tazza di thé al bar del centro. Noto subito un particolare, che caratterizza da sempre tutti i credo religiosi, ma in questo paese é particolarmente marcato. La cittá e composta per lo piú di case in legno e rami e un po di fango, ma le moschee, almeno 2 e una terza in costruzione, non hanno nulla da invidiare a quelle di un qualunque paesino turco civilizzato. Come riusciranno a tirarle su cosí e con quei risultati finali ??




 Con le bimbe del bar nasce un nascondino fotografico, ma sono davvero brave a non riuscire a farsi fotografare. Alla fine come scoiattole scompaiono in casa e lo scatto migliore rimane questo





In Kenya tutti i bimbi sono in divisa, quella della scuola che frequentano. Cosí la cittá si riempie di un unico colore che la decora muovendosi come i fuggenti nastri della ragazze di ginnastica ritmica durante le loro esibizioni alle Olimpiadi. Maschi e femmine tutti con lo stesso colore, e qui il colore é strano ma per noi famigliare.. In Italia é uno dei colori che ci ricorda appunto lo sport, lo sport di fatica


il rosa.




Continuiamo il nostro giro. Scopro che non ce la corrente ma un bar, l'unico, da comunque da bere bibite fresche. Usa un generatore a benzina !  Il prezzo é pero lo stesso del resto del Kenya, circa 40 cent di Euro per una bottiglia di Coca-cola in vetro da 33cl.  Eccolo il bar é proprio questo verde nella foto. Con la finestra. Non si entra, é in modalitá take away, come al McDrive !

Continuiamo il nostro giro e mi mostrano una cosa che ho apprezzato tantissimo.
I ragazzi pazzi della barca sono giovani, massimo 29 anni. Ma sanno fare un sacco di cose, e le mettono a disposizione delle popolazioni e persone con cui si trovano a convivere. Cosí a Kipini hanno costruito nel giardino della scuola una parco giochi in stile europeo !


 




È ora di incamminarci per tornare a vedere a che punto siamo arrivati con la barca.






Torniamo giusto in tempo per il momento fatidico, la posa dell'ultima asse stava avvenendo. Quel legno curvo sarebbe servito per pressarla e darle la giusta curvatura.






Scende veloce il tramonto, inaspettato come sempre. Ma lasciandoci quel giorno, l'ultimo, più impreparati. Arriva finalmente dopo quando era quasi pronta la festa anche papá Theodor, Livijus. Ci eravamo separati in cittá dopo la soda fresca. Noi eravamo andati a vedere il parchetto giochi e lui era sparto.
Viene fuori che il papá di Teodor, il gigante lithuano aveva avuto una esperienza ancora più pazzesca rispetto alla nostra della sera prima. Era andato a setacciare l'area alla ricerca disperata di birra. Al ritorno dopo kilometri di cammino aveva trovato una simpatica pozza d'acqua una specie di piccolo laghetto che costeggiava il vero mare in bassa marea. Ci si era buttato a sguazzare e a un certo punto...  era spuntato su con un balzo un enorme ippopotamo a 3 metri da lui! 

Si é preso una strizza talmente grande che ha fatto un balzo altrettanto lungo trovandosi praticamente fuori dall'acqua.. Correndo via stava quasi dimenticando li le birre.

Si, non si sa come in quella landa islamica desolata aveva trovato un infedele con vera birra! Chiaramente non essendoci corrente elettrica birra caldissima.
Abbiamo cosí finito la giornata brindando alla nostra incolumità e alla fine della costruzione dello scafo, con carne e pure birra! In quel momento un sacro graal per alcuni di loro.



Il giorno dopo il pulman lo prendo. É finita una delle settimana più pazzesche delle mia vita. 
Sará un lungo lavoro, una polverosa strada per terminare questa barca, ma sente che ce la faranno, che ce la faremmo. Chissa se un giorno riuscirò a navigarci.


Vai a vedere il bellissimo video del varo di Musafir nell'Oceano Indiano e supportali



Emanuele












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